sempre con grande successo annualmente.
Trovandosi nel comune di Tagliacozzo, proseguendo per la statale si arriva a
Sante Marie in brevissimo tempo. Arrivati in paese, tra le altre cose è
consigliato di fare visita alla mostra. Quest'anno si è arrivati alla terza
edizione della manifestazione dedicata a "Il Brigantaggio e l'Unità d'Italia".
L'evento si è tenuto dal 31 luglio al 1° agosto. Convegni, rievocazioni storiche,
eventi culturali e riscoperta della cucina tipica del XIX secolo sono stati gli
ingredienti che hanno caratterizzato l'iniziativa del Comune. L'imminente
scadenza del 150° anniversario dell'Unità, le tante storie di brigantaggio
consumate nel territorio a causa della vicinanza con lo Stato Pontificio hanno
indotto l'amministrazione a ricordare eventi importanti per la storia del nostro
Paese. Le vicende risorgimentali che portarono a unire l'Italia e le resistenze
al progetto unitario passarono infatti anche in borghi remoti che furono teatri
di avvenimenti fondamentali per l'esito di un processo che aveva diviso
politicamente in due la penisola.
La storia dei briganti in un
museo
A Sante Marie c'è una raccolta di documenti sul fenomeno che insanguinò il Sud.
Un Museo sul brigantaggio e l’Unità d’ Italia. Ad allestirlo è il Comune di
Sante Marie, ogni anno, nei locali del restaurato Palazzo Colelli. I numerosi
documenti esposti, forniti dall’Archivio di Stato e da privati, in particolare
da Gianvincenzo Sforza di Celano, raccontano la storia di un fenomeno, il
brigantaggio nel Mezzogiorno, dopo l’Unità d’Italia, che affondava le radici
nelle secolari condizioni di miseria delle popolazioni meridionali. Dal nuovo
governo i contadini, che costituivano la stragrande maggioranza della
popolazione, si aspettavano la riforma agraria.
Le risposte invece furono la pena di morte per chi occupava le terre;
l’istituzione del servizio militare obbligatorio; l’introduzione di nuove tasse
e l’abolizione del diritto d’uso delle terre demaniali. Provvedimenti che
generarono una profonda ostilità verso il nuovo governo, spingendo contadini,
pastori, braccianti, renitenti alla leva a unirsi agli sbandati del disciolto
esercito borbonico e a organizzarsi in bande dedite a ogni forma di razzia.
Numerose le estorsioni, come risulta dai biglietti dei capi briganti. Si ordina
a famiglie benestanti di inviare subito soldi, oro, vestiti, generi alimentari,
per decine e decine di persone. Con l’avvertimento che se l’ordine non fosse
stato eseguito, sarebbe scattata la rappresaglia. Anche se non si può parlare di
un brigantaggio al femminile, alcune banditesse, di cui sono esposte le foto,
parteciparono attivamente a molte azioni compiute dalle bande comandate dai loro
uomini, condividendone il loro destino fino alla fine. Tra queste Michelina Di
Cesare, compagna di Francesco Guerra; Maria Lucia Nella, compagna di Ninco Nanco;
Filomena Pennacchio, compagna di Luigi Alonzi, detto Schiavone; Maria Giovanna
Tito, compagna di Carmine Crocco. Il brigantaggio veniva alimentato e sostenuto
dal re di Napoli, Francesco II, che dopo la conquista del Regno delle Due
Sicilie da parte di Garibaldi, dovette fuggire a Roma.
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