Gabriele d'Annunzio.  D'ANNUNZIO  FOTO

 

L’amore negli anni dell’esilio, nel periodo parigino del Vate, tra il 1910 e il 1915 

con la ballerina russa Natalia de Goloubeff 

 

 

IMMAGINIFICO

 

Suadente e inimitabile, ma anche riflessivo, meditativo e incline alla malinconia. E’ il d’Annunzio delle lettere a Natalia de Goloubeff, la donna che gli fu vicino negli anni dell’esilio ad Arcachon (marzo 1910 - maggio 1915). Date per disperse, queste lettere costituiscono la cronaca di uno dei periodi più importanti e, allo stesso tempo, meno documentati della sua vita. Sono riemerse all'interno della Collezione Gentili, acquistata nel 1997 dallo Stato: dell'edizione a stampa si sta occupando il laboratorio di studi dannunziani condotti dalla cattedra di Letteratura italiana dell'Università “d’Annunzio” di Chieti, diretta dal professor Gianni Oliva. Sono in tutto 325 lettere, la prima datata Roma, 17 marzo 1908, l’ultima, spedita sempre da Roma, 4 luglio 1915. Il corpus epistolare consente di ricostruire il rapporto con l’ex ballerina russa e di scandire le fasi dell’intero soggiorno francese, durante il quale Gabriele continuò a condurre quello stile di vita, dalle forme e dai costi inimitabili, che già aveva caratterizzato la permanenza in Versilia. Gabriele aveva conosciuto la “muliercula caucasea”, “matta della più nera mattezza slava”, l’8 marzo del 1908 a Roma in occasione della prima rappresentazione de La Nave . Donatella è donna raffinata, colta, poliglotta, appassionata d’arte, di canto e letteratura. Il passo dall’incontro fugace all’amore travolgente è breve. Già ad ottobre era diventata lei la femme fatale della Capponcina, dove faceva capolino dall’Hotel de la Ville di Firenze. Direttamente proporzionale all’intensità del legame, prende così avvio lo scambio dei messaggi epistolari, che avrebbe accompagnato la relazione per tutta la sua durata. Particolarmente “alate” sono le lettere del primo anno, scritte dalla Versilia (da cui Gabriele sarà costretto a fuggire nella primavera del 1910, stretto dalla morsa dei creditori), a testimonianza del coup de foudre scoccato tra i due amanti: le vicende amorose si intrecciano strettamente con la produzione letteraria di d’Annunzio, che la donna seguì da vicino e, in parte, ispirò. Degli otto anni di rapporto quelli più felici furono i primi due e, in particolare, il 1909, cui risale la composizione del Forse che sì forse che no e di Fedra : del romanzo Natalia fu la traduttrice in lingua francese (firmata con lo pseudonimo di Donatella Cross), della tragedia, oltre che musa ispiratrice, fu la dedicataria. Con il passaggio in Francia muta, insieme ai ritmi di vita, anche il tono delle lettere: l’idillio sentimentale s'incrina e la vicinanza della donna non fa altro che esasperare il poeta, attanagliato dagli impegni di lavoro e dalla cronica emergenza economica: alla produzione delle Faville per il Corriere della Sera di Albertini associa la composizione delle opere teatrali in francese. La malinconia diventa allora il filo conduttore di molte delle lettere scritte da Arcachon o da Parigi dal 1912 al 1914. L’amore è pressoché svanito e i contrasti sono sempre più frequenti: ad accomunare i due amanti, un tempo inseparabili, sono ben presto soltanto gli amati cani, allevati e addestrati con spese esorbitanti e cura maniacale. La relazione si trascinerà con alterne vicende, compreso pure un tentativo di suicidio da parte di lei, esasperata dalle continue licenze “galanti” dell’incallito seduttore. Preziose per ricostruire le tappe della liaison amorosa, le lettere ci trasmettono anche notizie essenziali sulla produzione dannunziana di quegli anni, sui progetti letterari e teatrali e sulle collaborazioni strette con impresari di scena, attori e musicisti. Non senza sorprese. Ecco che, nelle lettere del 29 maggio e del 3 giugno 1912 emergono i tratti più sconosciuti dell'ambiente teatrale parigino, definito “una ignobile casa di prostituzione”, popolata da figure in cerca di successo e di gloria. E ancora. Affianco a Debussy e Pizzetti campeggiano le figure di Mascagni e Puccini, che rinunciò al libretto della Crociata degli Innocenti. Sardonico d'Annunzio al proposito: «Giacomo Puccini è rimasto qui due giorni. Quanta angustia! Quante onde di poesia ho versato su lui invano! Ma, quando parlava della caccia al beccaccino, diventava egli stesso un poeta» (16 novembre 1912). Conclusa la parabola teatrale parigina e tramontata la storia d'amore con Natalia, Gabriele avrebbe di lì a poco vestito i panni del poeta soldato. Lo scoppio della prima guerra mondiale stava per offrirgli l'occasione tanto attesa: rientrare in Italia da protagonista, da vero e proprio salvatore della patria. La lettera inviata il 4 luglio da Roma non lascia repliche all'affranta Donatella: «Io ho dovuto occuparmi dei preparativi di guerra: lunghi e noiosi. Sono ormai pronto. E l’uniforme di lanciere bianco mi ringiovanisce. Ma non ne profitto. Il mio cuore è già al fronte, e non posso sopportare le solite oche». Lasciati alle spalle l’esilio e i fasti della vita parigina, per d’Annunzio era giunta l’occasione di mitizzare il suo vivere inimitabile. Natalia era già un lontano ricordo. 

 

 

D'Annunzio decora a Fiume una Bandiera delle forze Legionarie

 

 

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