Come detto a Chieti si assistette a
un vero cambio di indirizzo architettonico solo dopo il primo decennio dell'era
fascista. Sin dai primi anni Trenta si guarda più alle conquiste
dell’architettura razionalistica italiana che aveva portato una semplificazione
totale delle tipologie e a un rifiuto di tutti quegli apparati decorativi
classici, riproposti spesso in maniera distorta. Grande attenzione venne
dedicata all'edificio dell’Opera Nazionale Dopolavoro emblema della poetica
razionalista dominante. Questo manufatto è dimostrazione, quanto più esemplare,
di come in quegli anni l’architettura fosse intesa come celebrazione di un
regime politico. Le nuove organizzazioni a carattere assistenziale offrono ai
progettisti di sperimentare nuove tipologie; sono dunque importanti occasioni
progettuali. Anche in questo caso il Florio dirigeva l’opera progettata da
Camillo Guerra, come attestato da un certificato dell'Opera Dopolavoro
presentata al Comune di Chieti. La Casa del Dopolavoro era intitolata al
fratello del Duce,Arnaldo Mussolini, fervido sostenitore dell’organizzazione che
si prefiggeva di sviluppare le capacità morali, fisiche e intellettuali del
lavoratore mediante apposite iniziative. Il Presidente del consiglio si era già
espresso sul!'intitolazione dei monumenti del regime e a tal riguardo dichiarò
di non gradire che le manifestazioni di adesione al suo Governo assumessero “un
significato troppo personale nei suoi confronti” per questo motivo ci fu
l'immediato divieto di "intitolare piazze, istituti al nome di S. E. Mussolini,
L’OND, nata col regio decreto n°582/596 del primo marcio 1925, era presieduta
dal Partito Nazionale Fascista ed alle dirette dipendenze del Duce; sebbene lo
stesso Arnaldo Mussolini sostenesse bisognava accostarci ai lavoratori con
intelletto ed amore. L’organizzazione risultò in sostanza un motto per far
aderire le masse al Partito controllando indirettamente la popolazione.
L’edificio realizzato a Chieti consta di tre piani fuori terra, sormontati da un
ampio terrazzo progettato per spettacoli all'aperto nella stagione estiva ai
quali potevano assistere 800 persone. Solo dopo successive perizie e collaudi
fatti anche di recente in occasione dei lavori di restauro del grande complesso
ci si è accorti che il solaio non era stato calcolato per sopportare un
sovraccarico così elevato. Il pianterreno era adibito a cinema-teatro con una
capienza complessiva di 400 posti a sedere, mentre al primo piano erano ubicate
sale da gioco,
Ex ENAL - Palazzo del
Dopolavoro
la sala di scherma e in fondo la grande palestra coperta
utilizzata fino al 1995: l'accesso a questo livello avveniva da piazza Trento e
Trieste, con una grandiosa scalea in marmo che poi continua in due rampe
laterali che danno accesso alle scale elicoidali, sviluppate attorno a due
colossali piloni, al tempo raffiguranti due enormi fasci littori. Questi
elementi simboli del fascismo, sembrano cessare la loro funzione di simbolo per
tornare ad essere quello che erano in origine: "verghe
e scuri che venivano a frustare i malvagi et a mozzare la loro testa matta”.
Il tema delle scale elicoidali attorno al pilone-fascio littorio sembra essere
qui realizzato per la prima volta: l'unica similitudine si trova in una
prospettiva di studio per una palazzina in cemento armato disegnata da Guido
Fiorini nel libro "Visioni architettoniche", del 1929. L'edificio ha pianta
rettangolare disposta lungo l'asse nord-sud, con la dimensione trasversale
maggiore di quattro volte rispetto a quella longitudinale. L'accesso ai locali
del primo piano poteva avvenire anche dal viale IV Novembre. Al secondo piano
erano ubicate, la biblioteca, le sale da gioco, le sale da lettura e da
scrittura. L'edificio ha radicalmente modificato l’assetto del sito e la sua
percezione, specie se si esamina una foto scattata prima della costruzione,
quando l'area era occupata dal piccolo edificio dei bagni pubblici, meglio
intonato con l'ottocentesco palazzo Leonelli e la vicina villa Nolli, ora
Seminario Regionale. L'opera è stata inaugurata il 24 ottobre 1934, come
testimonia un articolo de "Il Nuovo Abruzzo" dello stesso giorno, il quale
fornisce un'ulteriore conferma delle mansioni direttive dell'ingegner Florio:
"la direzione dei lavori è mantenuta con alta consapevolezza e gratuitamente,
dal camerata Giuseppe Florio", che fu anche incaricato, nel 1935, di progettare
e dirigere i lavori di sistemazione del piazzale antistante l'opera, per un
importo di lire 23.201. Un progetto che mette in evidenza le capacità dell'ing.
Florio nel saper affrontare temi diversi è quello della Caserma della Milizia
Volontaria Sicurezza Nazionale, sorta in via Madonna degli Angeli nell'area oggi
occupata dalla Legione dei Carabinieri, come testimoniato da una lettera della
Società Anonima Cooperativa "Pro-Chieti" al Podestà di Chieti, nella quale la
Società, oltre a richiedere al Comune la cessione di un terreno per la
costruzione di un edificio a carattere popolare, elogia la stessa
Amministrazione per l'ultimazione della strada Colonnetta e per le opere
realizzate sul quel tratto dì strada. Anche nella relazione al Piano Regolatore
di Chieti Scalo di Concezio Petrucci, si fa cenno alla Caserma quando si
analizzano le attuali condizioni
della zona interessata dal Piano: "
[…] Presso il piazzale
della stazione e lungo alcuni tratti della via Tiburtina Valeria e della
Colonnetta, esistono piccole industrie e modestissime case di abitazione. Ma,
recentemente, importanti fabbriche sono state impiantate lungo la via Colonnetta
come quelle dell'A.T.I., il Consorzio Agrario, un Oleifìcio, una Caserma ed
alcune costruzioni per civili abitazioni [...]
",
Lo stesso periodico del Partito Nazionale fascista della Provincia di Chieti, "Il
Nuovo Abruzzo", che puntualmente celebrava le realizzazioni del regime fascista,
dedica un articolo alla costruzione della Caserma della Milizia:
" […] Là costruzione di una degna Caserma è un fatto ormai concluso. Sono stati
assegnati in appalto i lavori e tutto si avvia per la traduzione in opera di un
edificio che sarà il riconosci mento più tangibile dell'importanza che la
Milizia ha raggiunto in una Provincia come la nostra[…] "
La Milizia Volontaria era una organizzazione militare creata dal regime fascista
e legalmente riconosciuta il 14 gennaio 1923, che nel 1939 contava oltre 700.000
uomini, impiegati come unità combattenti nelle varie guerre intraprese dal
regime. La costruzione iniziò proprio in quegli anni, subito dopo l'approvazione
dello schema di convenzione formulato nel 1937 tra l’Opera di Previdenza della
Milizia, l’Amministrazione Provinciale
singolarmente scanditi da semplici aperture rettangolari. Al centro della
facciata principale appaiono le immancabili coppie di fasci littori in rilievo.
Tardi esempi della complessa quanto variegata produzione
architettonica del
ventennio fascista sono il Villaggio dello Studente e la Biblioteca Provinciale
"A.C. De Meis", progettate ambedue dall'ingegner Giuseppe Barra Caracciolo,
molto conosciuto e stimato in città. La costruzione della Biblioteca "A. C. De
Meis" iniziò nei primi anni '40 e fu completata solo dopo la guerra, sulla base
delle indicazioni progettuali fornite dallo stesso ingegnere. Erano ormai gli
anni del declino del regime fascista e anche in campo architettonico si avverte
una diminuzione del consenso da parte del cittadino fruitore. L'edificio tarda
ad essere costruito a causa di alcuni rinvenimenti archeologici a ridosso del
sito previsto per l'ubicazione dell'opera, tanto che resti di strutture romane,
inglobate nei piani interrati dell'edificio, sono tuttora visibili. La
biblioteca consta di due parti distinte e perfettamente armonizzate: il corpo
principale a tre livelli, marcato da un ingresso curvilineo delineato dalla
balconata del primo piano sorretta da pilastri rettangolari in pietra, e la
torre libraria, emergenza nello skyline urbano. La torre, "segno" fascista di
elevato valore simbolico, è ben proporzionata e assomigliante anche ad altre
torri del periodo, costruite o progettate in varie città italiane: esempi
importanti sono la Torre libraria, emergenza nello skyline urbano. La torre,
"segno" fascista di elevato valore simbolico, è ben proporzionata e
assomigliante anche ad altre torri del periodo, costruite o progettate in varie
città italiane: esempi importanti sono la Torre centrale del palazzo del
Municipio a Latina, prima Littoria, realizzata nel 1932 dall'architetto Oriolo
Frezzotti, la somigliante Torre della Rivoluzione Fascista nella piazza della
Vittoria a Brescia, realizzata anch'essa nel 1932 da Marcello Piacentini o la
Torre Littoria a Sabaudia, realizzata nel 1933 da Gino Cancellotti, Eugenio
Montuori, Luigi Piccinato e Alfredo Scalpelli.Di perfetto stampo razionalista
essa mostra nella parte basamentale un rivestimento in pietra, da cui
fuoriescono frammenti e resti di strutture murarie romane. La parte svettante è
semplice, intonacata di colore rosso, illuminata da una vetrata sul prospetto
est interposta fra le cinque grandi fasce verticali in pietra che partono dalla
base stessa, che evocano ancora una volta i fasci littori, simboli
inconfondibili che si fanno architettura nelle opere più importanti del periodo.
Anche se non è una Torre civica così come lo sono invece gli
Palazzo dello studente
esempi su citati, ha
tutte le caratteristiche per esserlo: l'elemento Torre era ormai divenuto
simbolo della realtà civica cittadina, quasi come fosse una fattispecie di Torre
dell'arengario, segno Inconfondibile di città "toccate" dal fascismo.
Concludiamo accennando alle vicende che hanno portato alla costruzione del
complesso destinato ad accogliere gli studenti con una degna sede formata da
sale da studio, biblioteca e campi da gioco, secondo quanto testimoniato da
diverse delibere podestarili. Il progetto, redatto gratuitamente dall'ingegner
Giuseppe Barra Caracciolo in data 10 dicembre 1935 prevedeva una spesa di circa
lire 400.000. La costruzione venne realizzata con grande celerità, come può
dedursi da una deliberazione podestarile del maggio 1938 che approva la
donazione dell'opera, "composta da cinque , alla Federazione dei fasci di
Combattimento. Il Villaggio dello Studente, ubicato tra viale IL
Novembre e via della
Liberazione, a fianco del palazzo D'Lettore, è composto da cinque corpi a due
piani con terrazze praticabili, collegate con la zona pedonale della villa
comunale, situata alla stessa quota. L'alternanza di paramenti di intonaco rosso
e pietra bianca, sebbene equilibrata nell'insieme, contrasta non poco con il
resto dell'edificato circostante, caratterizzato da eleganti palazzi
ottocenteschi. In definitiva l'opera appare di chiaro stampo razionalista, e
dimostra ancor di più l'affrancamento dall'architettura che aveva caratterizzato
gli anni del regime: un'architettura sempre oscillante tra proposizioni di stili
passati (palazzo della Camera di Commercio o Casa del , eccessi di eclettismo
(palazzine De Cesare o asilo d'infanzia "Principessa di ) e pacato razionalismo,
che poteva a seconda dei casi essere sobrio e pacato (TI o Biblioteca "A. C. De
Mais") o altre volte rivoluzionario, progressista e innovativo (OND)
Torre
della Biblioteca De Meis